Di Giuseppe Barbalace
Camera dei Deputati 26 giugno 1920: “Le riforme promesse e non realizzate somigliano a palloncini colorati che si perdono tra le nuvole “. Così, Filippo Turati, intervenendo nella discussione dell’Esercizio provvisorio di bilancio, presenta le linee programmatiche di governo del Paese da parte dell’allora PSI. Il discorso, noto con il titolo Rifare l’Italia, si rivolge ai liberali di Giolitti e al Partito Popolare di Luigi Sturzo (il manifesto di fondazione è del 1919). Una articolata proposta di alleanze politiche, una serie di iniziative concrete, onde var vita ad un fronte liberal-democratico e progressista. Mancano ancora due anni al colpo di Stato dei Fasci di combattimento. Nel 1919, a Piazza San Sepolcro, a Milano, siamo al “fascismo movimento “(parafrasando Renzo De Felice) che, nel 1921, si trasformerà in Partito Nazionale Fascista (ovvero , sempre De Felice , il “fascismo partito”).
Nel discorso Rifare l’Italia Turati invoca provvedimenti legislativi per varare un vero e proprio Statuto dei Lavoratori. Concetti come progresso , trasformazione , riforme , si riallacciano alla migliore tradizione culturale e politica dei liberali italiani . Bisognerà attendere cinquanta anni dal suddetto intervento parlamentare di Turati perché si giunga alla Legge 20 maggio 1970, n. 300 (approvata con i voti dell’allora DC, Psi, Psdi, Pri e Pli , ma si astiene il Pci ) che incardina lo Statuto dei Lavoratori nell’ ordinamento costituzionale della Repubblica Italiana . È il traguardo più alto della partecipazione socialista al primo governo organico di centro – sinistra. Il Quarto Stato esce dalla tela di Giuseppe da Volpedo e trova realtà operativa. Una lunga strada. Il sogno di Pietro Nenni – speranze, sconfitte, vittorie – viene da lontano: attraverso leghe di miglioramento, leghe di resistenze, Camere del Lavoro, Federazioni di categorie.
Nel maggio 1970 i due rami del Parlamento sanciscono, giuridicamente, l’autonomia del diritto del lavoro. Disciplina universitaria che trova una propria configurazione e recepisce il rinnovamento metodologico, a livello di dottrina costituzionale, compiuto dai socialisti Gino Giugni e Federico Mancini. Dal Parlamento alle fabbriche e alle campagne. Ma dietro lo Statuto c’ è la “memoria storica “di Avola e Battipaglia, le “gabbie salariali “, il “caporalato “ . Uno Stato – parafrasando Pietro Nenni – “prepotente con il debole ed accondiscendente con il potente “. E sempre Pietro Nenni ottiene, dagli Stati Uniti, la revisione delle carte processuali che portarono alla condanna a morte di Sacco e Vanzetti, innocenti e neanche “anarchici”, ma aderenti all’ International Workers of the World (I. W. W. ) .
Approfondimenti e riflessioni sullo Statuto dei Lavoratori, si possono cogliere nelle pubblicazioni e nei convegni della Fondazione di Studi Storici Filippo Turati di Firenze. Ed è Maurizio Degl’ Innocenti, presidente della Fondazione F. Turati, a sottolineare come la contrattazione sindacale, dapprima circoscritta ad una singola fabbrica, acquisti dimensione sempre più collettiva volta al conseguimento di più moderne relazioni industriali. Significava l’ingresso di un “terzo soggetto “, lo Stato, attraverso l’Ispettorato del lavoro, la magistratura dei probiviri ed, infine, il welfare state . Una sempre maggiore attenzione ai “corpi sociali “in un contesto comparativo internazionale (ecco uno dei risultati scientifici più esemplari a partire dal Federalismo Europeo di Eugenio Colorni) e con specifici aspetti di approfondimento: ricerche storiografiche, sociali e politiche sul sindacato In Europa, il movimento cooperativo internazionale, l’azione sociale e la tutela del lavoro a cavallo del ventesimo secolo . Tali direttrici di ricerche hanno favorito l’apertura interdisciplinare a scuole e discipline diverse.
Rifare l’Italia è la continuazione del disegno storico di legittimazione delle classi lavoratrici che trova ascolto, all’ inizio del Novecento, con Zanardelli – Giolitti, e si congiunge, alla fine degli Anni Settanta dell’età contemporanea, al socialista Giacomo Brodolini titolare del Ministero del Lavoro . La questione sociale, il riconoscimento delle Leghe contadine ed operaie, non sono estranee al Gabinetto Zanardelli – Giolitti (1901 -1903). Anzi, prefigura l’ipotesi della nascita di un autonomo dicastero del lavoro (già operante nella Francia di Alexandre Millerand e con i labouristi in New Zealand). In tale direzione Zanardelli – Giolitti invitano l’allora Partito Socialista Italiano a designare, quale titolare del futuro dicastero, un proprio rappresentante. Si fa il nome, tra altri candidati, del deputato socialista di Genova Giuseppe Canepa (che, alla Lanterna, guida il primo sciopero generale dei portuali liguri) . Ma Turati declina la proposta di Zanardelli perché incombe un nuovo soggetto politico: l ‘ Azione Diretta, il sindacalismo rivoluzionario (e, beffa tra le beffe , quando Giolitti , nel 1920 , guida il suo ultimo governo, nella fase dell’ “occupazione delle fabbriche”, titolare del Ministero del Lavoro sarà il Labriolino , ovvero l’ ex – sindacalista rivoluzionario Arturo Labriola da non confondere con Antonio Labriola , studioso di Marx – Engels ) .
Dopo Zanardelli, il nuovo premier è Giolitti che, come più limitato e circoscritto traguardo, procede a varare l’Ufficio governativo del lavoro (a Roma, in Via XX Settembre, presso l’ allora Ministero di Agricoltura , Industria e Commercio ) . Si occupa di inchieste e statistiche. Ha prerogative propositive, ma non legislative. Alla guida il socialista riformista Giovanni Montemartini, professore universitario di economia politica prima a Pavia e, poi, a Roma, nonché assessore all’ Ufficio Tecnologico del Blocco municipale Nathan. Nello stesso periodo l’approvazione governativa della municipalizzazione dei pubblici servizi e dell’Istituto Case Popolari. Nel 1901, a Parma, l’Associazione dei Comuni.
Zanardelli, esponente della Pentarchia (cinque leaders della famiglia politica liberale in dissenso con Depretis) , firma l’ abolizione della pena di morte negli ordinamenti giuridici italiani. I liberal-progressisti maturano il superamento degli aspetti negativi del termine politico di trasformismo. D’ altronde il “discorso di Stradella “ di Depretis risale al 1876 . Un patrimonio di cultura del lavoro, rafforzato con testi stranieri, viene incardinato da Giovanni Montemartini presso la Biblioteca di Via XX Settembre a Roma e, poi, in eredità all’ attuale Biblioteca Nazionale di Agricoltura. Una “cassetta di strumenti”, saperi professionali, acquisizioni scientifiche.
Ma ritornando al maggio 1970. In Parlamento – non poteva esser altrimenti – si svolge la decisiva partita per l’approvazione dello Statuto dei Lavoratori. Un dibattito che, per qualità di interventi, rimanda all’ atmosfera etica, civile e politica dell’Assemblea costituente.
La quarta legislatura repubblicana (1963 -1968) vede il varo del primo governo organico di centro – sinistra con Moro (DC) , presidente del Consiglio , e Pietro Nenni (PSI), vice – presidente il quale , nel 1964 , promuove una commissione di studio su un possibile futuro Statuto dei Lavoratori in seno all’ allora Ministero del Lavoro (titolare Giacinto Bosco, DC). Membri della commissione i socialisti Federico Mancini e Gino Giugni. Segue il Governo Rumor, con Psi, Psdi e Pri. Ministro del Lavoro è il deputato socialista Giacomo Brodolini (dopo Bosco e Delle Fave, anche quest ‘ ultimo DC). Gino Giugni va a dirigere l’Ufficio legislativo del Ministero del Lavoro.
Il 20 maggio 1970 lo Statuto dei Lavoratori è Legge della Repubblica Italiana. Donne e uomini in cammino lungo un percorso – vedi l’attuale record di “omicidi bianchi “e i turni di lavoro in subappalto – ancora in salita.
Giuseppe Barbalace, già docente Univ . Studi Roma Tre, insegnamenti Storia dei movimenti e dei partiti politici e Storia della città e del territorio. Pubblicazioni a stampa: Riforme e governo municipale a Roma in età giolittiana, Liguori Editore, e Adriano Olivetti. Movimenti politici, partiti, partitocrazia (1945 -1955) , Cangemi Editore .
Foto fonte
Bibliografia
- Passaniti ( a cura ) , La dignità del lavoro , Nel cinquantenario dello Statuto , Edizioni F . Angeli, Milano, 2021.
- Giugni, La memoria di un riformista, Il Mulino, Bologna, 2007.