di Luciano Alberghini Maltoni
Accadeva cinquanta anni fa, 9 gennaio 1975, moriva a Roma Bruno Alberghini Maltoni classe 1918, maresciallo scelto nell’Arma Azzurra, arruolatosi giovanissimo nella Regia Aeronautica dopo aver conseguito il brevetto di specialista elettricista era stato inviato nell’isola di Lero (Leros) nel 1938. In quell’isola, infatti, era localizzato l’importante idroscalo Rossetti. Poche settimane dopo la dichiarazione di guerra del 10 giugno 1940, fu trasferito all’aeroporto G.Pessi Parvis in località Maritsa nell’isola di Rodi, codifica militare Aeroporto 801. Qui prestò servizio come aviere scelto sino all’ 8 settembre 1943, sfuggì alla cattura dopo la conquista tedesca dell’isola e qualche settimana dopo approdò fortunosamente con alcuni commilitoni in Turchia. Dalla Turchia raggiunse la Palestina (allora sotto dominio britannico) e fedele al giuramento prestato al Re, rientrò in Italia per continuare la guerra accanto agli Alleati nello Stormo Baltimore. Nel 1944 fu promosso sergente, poi negli anni 50 promosso maresciallo, dopo una serie di trasferimenti in vari aeroporti fu inquadrato nel Reparto Volo Stato Maggiore presso l’aeroporto di Roma Ciampino. Promosso maresciallo scelto, svolse in questo reparto un’intensa attività di volo che lo portò dall’Africa, all’America del Sud oltre che in Europa sino all’esordio della malattia che non gli diede scampo.
A parte queste essenziali note biografiche, di mio padre ricordo la sua grande passione per il volo, essere aviatore era per lui il senso stesso dell’esistenza. Mai l’ho sentito lamentarsi dei disagi che gli imponevano quelle missioni, amava le macchine su cui volava, era entusiasta del DC3 (bimotore a elica della Douglas, la versione militare C47 fu largamente impiegata dagli Alleati su tutti i teatri di guerra. Molti di questi aerei ancora volano) che paragonava al Maggiolino Volkswagen per robustezza e affidabilità. La sua soddisfazione crebbe ancora di più quando arrivarono in Reparto i quadrimotori a elica Dc 6 e l’elegantissimo bimotore Convair 440, un salto qualitativo incredibile rispetto al rustico DC3, si apriva allora la nuova era del trasporto aereo passeggeri. Era così appassionato del suo lavoro che mi portava spesso con sé in aeroporto e aprendo i giganteschi manuali tecnici dei velivoli m’illustrava i numerosi e complicati circuiti elettrici, la sua qualifica era, infatti “Elettromeccanico di bordo”.
Il mio battesimo dell’aria l’ho avuto proprio sul DC3 in un volo Roma Venezia Lido, all’epoca (parliamo degli anni 60) ai familiari degli aviatori era consentito volare nei voli di trasferimento tecnico dei velivoli ovvero quando non si trattava di voli di Stato ufficiali. Ho ancora un vivido ricordo di una sera del 1972 quando ero di servizio al posto di controllo della Cecchignola (prestavo servizio di leva nelle Trasmissioni), quando salutammo una delle tante vetture militari che però fece immediatamente dietro front, con mia grande sorpresa ne discese mio padre che sorridente mi aveva riconosciuto, ero imbarazzatissimo non sapevo se dovevo salutarlo militarmente ma anche felice per quell’inaspettato incontro. Poche settimane dopo mi sarei salvato da alcuni giorni di cella di punizione di rigore (ero uscito dalla caserma senza permesso) grazie al suo aiuto, si presentò in divisa con due colleghi al colonnello comandante della caserma perorando la mia causa. Quando la vettura verde di servizio targata AM lo veniva a prendere o lo riportava a casa ero orgoglioso che tutti i vicini lo vedessero, all’epoca faceva sensazione, pensavo tra me e me, vedete mio padre è una persona importante. Potrei raccontare molti altri episodi ma uno tra questi mi strappa ancora un sorriso, al ritorno da una missione a Mogadiscio (Somalia) riportò parecchie aragoste (bollite per conservarle) fu la nostra dieta a pranzo e cena per vari giorni, era la prima volta che le mangiavo, all’epoca un vero lusso riservato a pochi. Mio padre non era solo un appassionato aviatore, era un uomo gentile e generoso, si prodigava per tutti, era benvoluto e stimato non solo da tutti i suoi colleghi ma anche dal nostro vicinato. E’ stato un buon padre, anche se negli anni della contestazione sessantottina entrai in forte contrasto con lui, paradossalmente fu la sua malattia a riconciliarmi con lui. L’Aeronautica cui aveva dedicato una vita, gli rese omaggio dopo la morte con un solenne funerale militare cui partecipò tutto il suo Reparto. Mi commuovo ancora ricordando il piazzale della clinica dove era deceduto, pieno di divise azzurre. Quando giunse il momento di trasportare il feretro alla chiesa, non ci fu bisogno di un ordine formale, gli uomini in divisa azzurra si scambiarono cenni d’intesa e a gruppi di sei si caricarono il feretro in spalla e a piedi lo trasportarono in strada sino alla chiesa. Si formò un vero e proprio corteo silenzioso che invase la strada bloccando il traffico. Onestà, lealtà, spirito di corpo e solidarietà questi erano i valori di mio padre. Cieli azzurri Bruno a te e a tutti gli aviatori caduti per servire la Patria.
Luciano Alberghini Maltoni è figlio di un aviatore che prestò servizio nella Regia Aeronautica durante la II G.M. nel Dodecaneso e poi in Italia nello Stormo Baltimore. Tra i primi ad occuparsi delle vicende del Dodecaneso Italiano, ha progettato e realizzato nel 1997, l’unico sito tematico italiano sull’argomento www.dodecaneso.org.
Foto da drone di Markos Spanos
Contatto: luciano.alberghinimaltoni@gianophps.it
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Qualsiasi padre sarebbe fiero di un figlio che lo ricorda con così vivido affetto,stima e condivisione di ideali.
Papà Bruno, si sarà sicuramente commosso, in Cielo, ascoltando le parole del bello ed emozionante ricordo del figlio Luciano.
Grazie caro Giovanni il rapporto così stretto tra padre e figlio rimane oltre la morte fisica….
Sono certo che dal Paradiso degli Aviatori mi protegga ancora. Grazie di cuore…