Il golpe in Argentina del 1976: genealogia, dinamiche e memorie di un colpo di Stato

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(Foto di pangeanews.net)
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a cura redazione BLOG Giano PH

Il colpo di Stato del 24 marzo 1976 segnò l’inizio di uno dei periodi più traumatici della storia argentina. Con la deposizione del governo democraticamente eletto di Isabel Perón, le Forze Armate assunsero il controllo del Paese instaurando una dittatura civico-militare nota come Proceso de Reorganización Nacional. La giustificazione ufficiale fu la necessità di restaurare l’ordine e sradicare la sovversione, ma in realtà si trattò di un progetto sistematico di riorganizzazione autoritaria della società argentina.

Contesto storico

Negli anni precedenti al golpe, l’Argentina era attraversata da una profonda crisi politica e istituzionale. Le violenze perpetrate da gruppi guerriglieri come i Montoneros si intrecciavano con la repressione armata della Triple A, un’organizzazione paramilitare che agiva con l’appoggio dello Stato. Il clima di polarizzazione aveva raggiunto livelli insostenibili.

Il documento con cui i militari giustificarono il colpo parlava della necessità di “eliminar definitivamente la subversión y sus causas”¹. Questo linguaggio, intriso di retorica bellica, rifletteva la visione secondo cui l’opposizione politica doveva essere considerata come un nemico interno da annientare, piuttosto che come un interlocutore nel gioco democratico.

Il progetto del Proceso

Con l’instaurazione della giunta militare, composta inizialmente da Jorge Rafael Videla (Esercito), Emilio Massera (Marina) e Orlando Agosti (Aeronautica), prese forma un progetto di ristrutturazione sociale e culturale ispirato alla dottrina della sicurezza nazionale.

La repressione fu capillare e sistematica. Secondo il Rapporto Nunca Más, pubblicato nel 1984 dalla CONADEP (Comisión Nacional sobre la Desaparición de Personas):

“L’apparato repressivo fu concepito per funzionare fuori da qualsiasi legalità e con l’obiettivo preciso di cancellare ogni traccia delle proprie vittime”².

Le università furono smantellate: centinaia di docenti e studenti vennero arrestati, torturati o costretti all’esilio. Il sociologo Guillermo O’Donnell ha parlato di “democrazie delegative interrotte” per descrivere quel processo in cui la democrazia veniva svuotata a favore di un potere verticale³.

L’aspetto economico non fu secondario: la dittatura implementò politiche neoliberiste radicali. Il ministro dell’Economia, José Alfredo Martínez de Hoz, parlò di “liberare l’economia dalla gabbia ideologica”, mentre favoriva la finanziarizzazione e la fuga di capitali. In realtà, queste riforme portarono a un’esplosione del debito estero e all’accentuazione delle disuguaglianze.

Le memorie del terrorismo di Stato

Il passaggio alla democrazia nel 1983, con l’elezione di Raúl Alfonsín, fu accompagnato da un tentativo inedito di fare luce sui crimini della dittatura. La CONADEP raccolse oltre 7.000 testimonianze e documentò 8.961 casi di desaparecidos. Il documento conclusivo fu intitolato significativamente Nunca Más (Mai più):

“Le azioni criminali commesse non furono eccessi isolati, ma parte di un piano metodico e premeditato”⁴.

Iniziarono i primi processi contro i membri delle giunte militari, ma il percorso fu ostacolato dalle leggi di impunità (Punto Final e Obediencia Debida), abrogate solo negli anni 2000 grazie all’azione delle Madres e Abuelas de Plaza de Mayo e alla pressione della società civile.

La storica Elizabeth Jelin ha sottolineato che la lotta per la memoria è essa stessa un campo di battaglia politico:

“La memoria è sempre selettiva e contestata; è l’arena in cui si gioca la legittimità della narrazione pubblica del passato”⁵.

Conclusione

Il golpe del 1976 fu molto più di un cambio di regime: rappresentò una rifondazione coercitiva dello Stato argentino, finalizzata a imporre un nuovo ordine economico e culturale. La memoria di quel periodo continua a influenzare il presente: non solo nella giurisprudenza e nella politica, ma anche nella scuola, nelle piazze e nei discorsi pubblici. Lo studio di questo evento non è solo un esercizio storico, ma una pratica civile essenziale per la difesa dei valori democratici.


Note

  1. Comunicato delle Forze Armate, 24 marzo 1976.
  2. CONADEP, Nunca Más, Kaos Edizioni, 1996, p. 27.
  3. G. O’Donnell, Burocratic Authoritarianism: Argentina 1966–1973, University of California Press, 1988.
  4. CONADEP, op. cit., p. 182.
  5. E. Jelin, I diritti e la memoria: il passato come presenza politica, in “Passato e presente”, n. 68, 2006.

Bibliografia

  • Loris Zanatta, Storia dell’Argentina. Da Perón al Kirchnerismo, Laterza, 2021.
  • Gianni Minà, Argentina. Il golpe del silenzio, Sperling & Kupfer, 1986.
  • Elizabeth Jelin, Memorie del silenzio. La memoria collettiva della dittatura in Argentina, Le Lettere, 2007.
  • CONADEP, Nunca Más. Il rapporto della Commissione Nazionale sulla Scomparsa delle Persone in Argentina, Kaos Edizioni, 1996.
  • Guillermo O’Donnell, Autoritarismo burocratico e democrazia, Il Mulino, 1988.
  • Claudia Hilb, Il passato che ritorna. Il processo di memoria in Argentina, Meltemi, 2006.