4 Maggio 1954. Il disastro minerario di Ribolla (GR)

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di Giuseppe  Barbalace

Mattina del 4 maggio 1954. Esplosione al pozzo “Camorra“, metri 260 sotto il livello del mare . Muoiono 43 lavoratori. La più grave tragedia mineraria italiana dell’immediato secondo dopoguerra.

Tutti assolti. Dopo quattro anni, il Tribunale di Verona, 26 novembre 1958, respinge ogni responsabilità dell’allora Società Montecatini nell’esplosione nella miniera di lignite di Ribolla. Il dispositivo della sentenza resta una perla della giurisprudenza: “(…) i 43 minatori di Ribolla sono stati uccisi da una tragica fatalità e non dall’ incuria, dall’ imprudenza e dalla egoistica speculazione di altri uomini. (…) Una immane tragedia nella dura, eterna lotta impegnata contro la natura e non raramente avviene che  forze primitive e misteriose , imprigionate , compresse , ma non del tutto domate , possano scatenarsi ed avere il sopravvento “ . Straordinaria, sublime motivazione! I minatori trasformati, trasfigurati, in novelli Prometeo, vengono assunti nell’ Olimpo degli Dei !

Una tragica fatalità. Anche oggi, giugno 2024, è sempre una fatalità. Sui binari ferroviari o per una trave nel supermercato è sempre una tragica, maledetta, fatalità. Nel Belpaese si continua a morire di lavoro e per mancanza di lavoro. Sì, proprio un Belpaese!

A Verona il dibattimento era stato trasferito, per motivi di ordine pubblico, dopo una prima fase presso la Corte di Appello di Firenze. L ’andamento processuale assume una connotazione prettamente tecnica: era questo il traguardo della Società Montecatini. Nel 1958 la strage era ormai lontana nel tempo. Si fece in modo che fosse lontana anche nello spazio. Raffinata cancellazione della memoria storica. La presunta oggettività delle valutazioni tecniche conduce il Tribunale di Verona a rifiutare di ammettere testimoni che avessero un qualche ruolo sindacale e politico come se la Società Montecatini non agisse in mercato di monopolio .

Già alla Corte di Appello di Firenze i periti nominati dalla Sezione istruttoria giungono ad una “conclusione sorprendente “: difficilmente il grisù poteva esser la causa immediata dell’esplosione, dando credito – che nelle ore precedenti – il grisù non si presentava in concentrazioni pericolose. La causa scatenante sarebbe stata la miscela di gas di distillazione del carbone e polvere di carbone presente nell’aria. Nelle difformità delle diverse ipotesi tecniche la Società Montecatini esce assolta.

Lignite: ovvero, “carbone povero “, uno dei minerali più pericolosi, in fase di estrazione, per l’estrema   facilità di sprigionare grisù (o grisau). Una miscela di gas combustibile, inodore ed incolore, composta in prevalenza da metano ed altri gas (azoto, anidride carbonica ed etano). Inoltre, percentuali di elio, neon ed idrogeno. Il grisù, nel mondo anglosassone, conosciuto come “gas da miniera “. Più leggero dell’aria. Spesso si raccoglie in sacche isolate nelle parti alte delle gallerie. Combinato in varie proporzioni con l’aria dà luogo ad una miscela tossica, infiammabile ed altamente esplosiva.

Nelle “motivazioni “del Tribunale di Verona emerge chiaramente il peso rappresentato dal progressivo ritiro delle parti civili (i familiari delle vittime) . Le condizioni economiche delle classi lavoratrici ben emergono dall’ Inchiesta parlamentare sulla miseria in Italia anni 1953 – 1954.

Il processo di Verona inizia l’8 ottobre 1958: “In questa sede si concretizza l’eco delle rinunce alla costituzione di parte civile, avendo la Società Montecatini liquidato i danni. L’assenza completa della parte civile rappresenta un duro colpo per l’impianto accusatorio (tra gli avvocati del collegio di difesa, Umberto Terracini, Lelio Basso e Piero Calamandrei) e della CGIL. Le offerte di risarcimento alle vittime, da parte della Montecatini, fanno leva sui tempi lunghi dell’istruttoria e il suo spostamento prima a Firenze ed infine a Verona. Allontanandosi nel tempo e nello spazio l’epicentro della vicenda, la Montecatini fu in grado di dispiegare tutte le sue enormi capacità di influenza e condizionamento, nel tentativo di volgere a suo favore il processo e scongiura una condanna che avrebbe avuto per lei esiti disastrosi  sia in riferimento al suo comparto minerario, sia per la sua immagine pubblica “ . Scriveva Terracini : “ Si tratta di un duello ad armi diseguali “ (lettera del 17 giugno 1957 conservata nella “ Carte “ Terracini presso la Biblioteca Comunale di Follonica).


Giuseppe Barbalace già docente Univ . Roma Tre, Storia dei movimenti e dei partiti politici e Storia della città e del territorio. Pubblicazioni a stampa: Riforme e governo municipale a Roma in età giolittiana, Liguori Editore, e Adriano Olivetti. Movimenti politici, partiti, partitocrazia (1945 -1955) ,Cangemi Editore


Bibliografia

  1. Tognarini e M. Fiorani (a cura), Ribolla. Una miniera, una comunità nel XX secolo, Edizioni Polistampa , Firenze, 2005. I passi tra virgolette, citati nell’ articolo, sono ripresi dal suddettto volume.
    Si ringrazia Gianni Vellutini, Comune di Roccastrada (GR), per la bibliografia su Ribolla.

Videografia
La tragedia della miniera di Ribolla. Archivio Luce Cinecittà (B/N 1:29)

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