I martiri del Risorgimento

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Carlotta Aschieri e Luigi Lenotti

di Catia Simone

“Addio mia bella Verona! non ti vedrò mai più!”

Questo scrisse a matita sulla parete del Palazzo della Gran Guardia un ufficiale austriaco facente parte dell’ultimo battaglione che lasciò la città scaligera.

Chi non vide più la propria città fu una donna, Carlotta Aschieri, uccisa dalla brutale violenza delle truppe dell’impero austriaco che dopo un dominio di 54 anni 8 mesi e 21 giorni, si apprestava ad abbandonare la città che si univa al Regno d’Italia.
Congiunzione formalizzata con il plebiscito di annessione del 26 ottobre 1866: favorevoli 88.864, contrari 5.

Quel 6 ottobre 1866 Carlotta Aschieri, 25 anni e incinta di sette mesi, era in compagnia di suo marito Giuseppe Rossini a bere un caffè allo Zampi, dopo aver festeggiato in un altro bar, l’Europa, l’annessione al Regno d’Italia, quando un gruppo di soldati austriaci del reggimento Wimpfen – tutti triestini – irruppe nel bar, e con una rabbia cieca puntò la baionetta sulla schiena della povera Carlotta uccidendo lei e il suo bambino, e schernendo e ferendo suo marito e gli altri avventori.

Il nome di Carlotta Aschieri e la sua storia sono incise in una targa posta in bella vista sul palazzo all’inizio di Via Mazzini. Il suo sacrificio e quello del neonato che portava in grembo sono l’emblema della ferocia di chi non si rassegna alla sconfitta, e declina al nefasto suono delle armi la resa del tiranno.

Stessa condanna subita da Luigi Natale Lenotti nato a Bardolino il 5 agosto del 1842, e trasferitosi a Verona presso gli zii materni, ingegneri Bazerla, continuando gli studi in città fino a quando l’attendente di un ufficiale austriaco, al quale il Lenotti espresse lodi nei confronti di Garibaldi, lo denunciò alle autorità austriache per induzione alla diserzione. Nonostante l’assenza di altri testimoni presenti al colloquio, il giovane Lenotti fu condannato a morte.

Legato piedi e mani fu fucilato e lasciato insepolto per tutta la giornata al pubblico ludibrio dei soldati. Nel 1867 fu esumato nel cimitero di Bardolino. Anche la sua storia è incisa su due targhe, una accanto a quella di Carlotta Aschieri, l’altra a Bardolino, il suo paese natale.

Due martiri innocenti periti per la causa del Risorgimento Nazionale, mentre ogni vetrina e angolo di Verona diventava un giardino tricolore. E ora che le vetrine sono piene di oggetti, vestiti e altre attrazioni per i turisti che invadono ogni angolo di questa città piena di storia, i loro nomi sono lì, in alto, a farsi ammirare da chi – alzando gli occhi verso il cielo – sa che le nuvole dei tiranni sono sempre pronte a colpire con i loro fulmini.


Catia Simone nata a Bari, vive a Bardolino (VR) dove collabora con l’impresa di famiglia. Poetessa, scrittrice e podcaster di Radio Giano Public History.
Foto dell’autrice.
Contatto: catia.simone@gianophaps.it


Bibliografia
Giovanni Solinas, Verona e il Veneto del Risorgimento, La Scala, Verona
Raffaele Fasanari, Il Risorgimento a Verona, 1797-1866 edito nel 1958 per i tipi della Linotipia veronese Ghidini e Fiorini e conservato nelle raccolte della Biblioteca Civica di Verona. Riproduzione anastatica del volume a cura della casa EDITRICE EDICRED, ROMA.

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